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© Gabriele Vitella

Un blog che vuol essere un caffè con le Muse.

S
enza l’Arte non potremmo essere vivi.


 
  14 Ottobre 2025

 
  La fede come
architettura del suono
 
 

 

Tra le molte messe di Joseph Haydn, la Missa Cellensis in honorem Beatissimae Virginis Mariae — composta intorno al 1766 — occupa un posto singolare: non solo per l’ampiezza e la complessità della scrittura, ma perché segna un punto di svolta nella concezione stessa del sacro.
Haydn vi intreccia il rigore contrappuntistico della tradizione con un senso del dramma e della teatralità che anticipa le grandi messe “sinfoniche” della maturità. È una musica che unisce il cielo e la terra, la devozione e la ragione, il rito e il teatro.

In questa nuova registrazione per Alpha Classics, René Jacobs restituisce alla Missa Cellensis la sua doppia natura: liturgica e drammatica, collettiva e interiore. Il suo gesto non impone, ma scolpisce. Ogni sezione — dal Kyrie severo e sospeso al Gloria espansivo, fino al Credo che alterna slancio e introspezione — è costruita come un edificio che lascia filtrare la luce.

Jacobs insiste sulla trasparenza delle linee: il Kammerorchester Basel suona con straordinaria chiarezza di prospettiva, i fiati emergono come colonne sonore di un tempio ideale, e gli archi sostengono il discorso con elasticità e respiro. La Zürcher Sing-Akademie è il cuore pulsante dell’insieme: il suono è ampio, compatto, ma sempre mobile, capace di passare dall’invocazione più intima all’esultanza corale senza perdere coerenza.

I quattro solisti — Mari Eriksmoen, Kristina Hammarström, Mark Milhofer e Christian Senn — incarnano la visione di Jacobs di una “spiritualità della chiarezza”: timbri puri, linee pulite, nessuna enfasi estranea alla parola. In un repertorio che spesso indulge nel decorativo, Jacobs e i suoi interpreti scelgono la sobrietà come via di profondità.

Sul piano critico, la lettura si distingue per il modo in cui ricompone la dialettica tra stile antico e stile moderno, una tensione centrale nel pensiero musicale del tardo Settecento.
Haydn, nel 1766, vive già pienamente il dilemma tra il contrappunto “alla Palestrina” e la nuova sensibilità galante. Jacobs ne fa sentire il conflitto, ma anche la soluzione: la fede come equilibrio tra ordine e sentimento.

Dal punto di vista dell’architettura sonora, la messa si apre con un Kyrie di limpida austerità e culmina in un Agnus Dei di dolente bellezza. Il “Dona nobis pacem” finale non è un grido trionfale, ma un respiro condiviso, un gesto umano prima che liturgico.
Jacobs sceglie di non magnificare la sacralità, ma di restituirla alla sua dimensione fragile e luminosa: il sacro come spazio di ascolto, non di potere.

Il risultato è una lettura che unisce filologia e poesia, razionalità e tenerezza. Haydn emerge non come l’architetto rigido del classicismo, ma come un uomo che cerca — nella forma perfetta — una verità emotiva.
Una Missa Cellensis che, nella sua chiarezza, ci parla del mistero dell’essere umano più che della distanza di Dio.

 

 
  Gabriele Vitella
 
 

Dettagli incisione:

HAYDN – MISSA CELLENSIS

René Jacobs · Kammerorchester Basel · Zürcher Sing-Akademie
Mari Eriksmoen · Kristina Hammarström · Mark Milhofer · Christian Senn

Alpha Classics · ALPHA1172 · 10 ottobre 2025

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