L’ennesima Nona è sempre un banco di prova spietato: la sovrabbondanza discografica ha innalzato la soglia d’ascolto fino a renderla, paradossalmente, più “classica” di qualunque canone. Joseph Swensen sceglie una via di energia strutturale e trasparenza timbrica che rifugge i colpi di teatro non funzionali alla forma. La sua è un’interpretazione che mira a ridefinire prospettiva e fuoco dell’opera—non l’ennesima gigantografia, ma una lettura a profondità di campo variabile, dove il rapporto tra gesto e sintassi armonica resta sempre intelligibile.
I. Allegro ma non troppo, un poco maestoso
Il primo movimento mette subito a tema la qualità del respiro architettonico. La micro-articolazione delle cellule motiviche (archi con attacco elastico, peso distribuito nella metà dell’arco, fiati che delimitano frasi con punte di consonanza lucida) crea piani sonori distinguibili anche nei nodi più densi della scrittura. L’Orchestre National Bordeaux Aquitaine rivela una corda centrale omogenea e ben intonata, con violoncelli che sostengono il motorico scorrere dell’armonia evitando ogni torpore. Notevole il controllo dei punti di cerniera (le transizioni di dominante–tonica dilatate), condotti senza compiacimenti rallentanti: Swensen li incide più che sottolinearli, lasciando che sia la grammatica delle tensioni a generare la maestà, non il rubato. La scrittura contrappuntistica è resa leggibile grazie a una colorazione dei legni mai invasiva (oboi e clarinetti con fraseggio sillabato, flauti che non “sbiancano” l’impasto).
II. Molto vivace
Qui il rischio è sempre la retorica del martello. Swensen imposta uno slancio elastico che privilegia articolazione e rimbalzo (timpanista a grana compatta, senza eccesso di pedale; ottoni a fuoco ma privi di tronfio vetrinismo). La gestione dei contrasti dinamici non è binaria: la terribilità beethoveniana nasce da gradienti più che da sbalzi. Ne risulta un Scherzo denso ma a fuoco ravvicinato, dove i ritmi di scambio (corde–fiati, battere–levare) hanno una logica di respirazione corale dell’orchestra. Nel Trio si apprezza la rifinitura del legato nei legni e una prima trompa che scolpisce gli intervalli con intonazione ferma, evitando vibrati ornamentali.
III. Adagio molto e cantabile
Il cuore della lettura. Swensen fa valere un tempo interno saldo, con arco largo ma mai viscoso. Le variazioni respirano secondo una periodizzazione armonica chiara: l’ornamentazione interna delle parti (divisi dei secondi violini, disegni arpeggiati dei legni) si ascolta come polifonia d’affetti, non come mera decorazione. La qualità della corda dell’ONBA—calda ma tersa—permette una messa di voce strumentale che sostiene il disegno della frase; i culmini sono prosodici prima che decibelici. È il settore in cui l’interpretazione raggiunge pienezza poetica, coerente con i primi riscontri internazionali che segnalano l’Adagio come punto di eccellenza dell’incisione.
IV. Finale: Presto – Allegro assai
Il recitativo orchestrale iniziale è definito con accentazione parlante e una lucidità di relazione causa–effetto (i richiami motivici dei movimenti precedenti non sono enumerati, ma funzionalizzati alla drammaturgia). L’innesto vocale è di poderosa coesione.
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Florian Boesch evita la trappola del declamato pomposo: timbro pieno, attacco verticale e parola “in maschera”, con linea appoggiata che regge il tessuto orchestrale senza forzare.
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Mauro Peter proietta il registro acuto con squillo controllato e copertura intelligente del passaggio: l’emissione risulta chiara ma mai scoperta, con dizione tedesca pulita nelle sibilanti e nei gruppi consonantici.
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Angélique Boudeville porta una luminosità di testa controllata, di grana sottile, che emerge nei concertati senza tagliare l’impasto; apprezziamo soprattutto la gestione dell’intonazione nei salti esposti e la pronuncia accurata delle Umlaut.
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Anna Bonitatibus —mezzo-soprano di intelligenza musicale di limpida coerenza— è qui esemplare per messa a fuoco del centro, sostegno del fiato e dizione levigata (la durezza possibile dei gruppi -cht-, -st- viene temperata con naturalezza). La copertura è modellata con finezza: mezzavoce portata nelle frasi di raccordo, legato di frizione minima sui profili discendenti, uniformità dei registri senza saldature avvertibili. Il suo contributo non “colora” soltanto: organizza l’insieme, perché l’intelligenza prosodica rende coeso il lavoro delle sezioni corali.
I cori (Opéra National de Bordeaux e Angers-Nantes) offrono compattezza verticale e dizione scolpita; molto buona la sincronia delle consonanti (attacchi di “Seid umschlungen” netti ma non seccati), con una sezione dei tenori che mantiene luminosità senza nasalizzare e contralti che danno corpo al centro. Nel fugato e nelle perorazioni finali, Swensen evita l’“urlo comunitario”: il crescendo è costruito per strati orchestrali e funzioni armoniche, cosicché l’“Inno” respira come architettura, non come clamore.
Qualità sonora e prospettiva di registrazione
La presa di suono hi-res (96 kHz/24-bit; origine PCM 96k) restituisce palcoscenico stabile e buona profondità della scena; leggibili i piani intermedi (corni/clarinetti) che spesso, in registrazioni più “ravvicinate”, risultano compressi. Gli archi mantengono grana naturale; nei grandi tutti del Finale si avverte una leggera congestione del campo centrale, ma la micro-dinamica resta fruibile e la trama corale non si satura. L’edizione è disponibile in più formati ad alta risoluzione (con distribuzioni che offrono anche DSD/DXD a partire dal master PCM).
Bilancio critico
La Nona di Swensen non cerca la firma con l’evidenziatore, e questa sobrietà paga: urgenza senza enfasi, dramma senza retorica, chiarezza senza asciugatura. Il terzo movimento è davvero rimarchevole; lo Scherzo convince per elasticità; il Finale vive su coordinamento drammaturgico più che su spinta decibelica. Anna Bonitatibus si distingue per classe vocale e intelligenza testuale; gli altri solisti la affiancano con professionalità di alto rango; cori e orchestra rendono servizio musicale e culturale di prim’ordine. Non pretende di “riscrivere” la storia interpretativa, ma entra a pieno titolo nel catalogo contemporaneo come versione pensata, coerente, musicalmente colta.